L’emergenza silenziosa dei medici di famiglia

Dovrebbero costituire la prima linea difensiva della salute degli italiani, invece i medici di base, di famiglia, sembrano sempre più quei soldati abbandonati, senza difese, al proprio destino. E con essi tanti loro pazienti.

Le molte lezioni che ha impartito l’emergenza Covid-19 sembrano infatti aver dimenticato che migliaia di medici sono andati, o lo stanno per fare, in pensione, con uno spostamento forzato dei cittadini nella difficile scelta di chi li possa accettare. Ma non solo: anche da un punto di vista logistico, rispettando le giuste norme di sicurezza per limitare i contagi, molti sanitari in attività hanno scelto di visitare solo su appuntamento e comunque, anche nel caso di chi avesse continuato ad accogliere i pazienti senza prenotazione negli orari stabiliti dall’ambulatorio, le regole sono quelle che entra un paziente alla volta. E gli altri, a debita distanza l’uno dall’altro, costretti a rimanere fuori: dal portone, per intenderci.

Cosa possa accadere con la brutta stagione lo si può già intuire da questi giorni di assaggio d’autunno, con persone anziane lasciate alle intemperie. Lo stesso vale per i laboratori di analisi, con file sterminate sempre all’esterno.

Siamo tutti consci del periodo mostruosamente eccezionale che stiamo vivendo, ma proprio per questo sembra assurdo non affrontare in modo strutturale l’emergenza dei medici di famiglia.

A loro spetterà infatti subire l’ondata di persone con sintomi influenzali, giustamente preoccupate per la propria salute. 

Ma con che armi? 

      

  • CELSO |

    Sono un medico di famiglia, mi domando dal 22 febbraio, perché non fare intervenire i reparti dell’esercito specializzati in batteriologia e piani di emergenza. Potrebbe essere una sinergia vincente, decine di migliaia di metri quadri di strutture dismesse dall’esercito potrebbero essere usate per questa emergenza. Chissà?

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