Lavoro, se il giovane è buttato allo sbaraglio

I giusti, continui allarmi sulla mancanza di addetti al settore del terziario, in particolare modo turismo e ristorazione, si scontrano però in diversi casi con realtà poco affrontate, ma significative. Andiamo subito a un caso reale che ho vissuto quest’estate.

Ho trascorso qualche giorno in montagna in una struttura di una grande catena alberghiera. Il personale era tanto, costituito in maggior parte da giovani volenterosi, ma con un’evidente mancanza di qualsiasi formazione. 

Lo si vedeva dai piccoli gesti come il mancato “buongiorno” da rivolgere al clienti quando li incroci, alle difficoltà nel gestire un minimo problema nella sala delle colazioni o nel riassettare le camere tralasciando alcuni “automatismi”.

Oppure alla reception, sempre in preda a un fronte di crisi.

Ora, criticare ragazze e ragazzi che non vogliono accettare occupazioni non da amministratore delegato è sacrosanto, però anche buttare i volenterosi allo sbaraglio è senza dubbio il modo più dannoso per farli approcciare al mondo del lavoro.

Eppure non ho mai visto un “senior” o un responsabile che li guidasse, correggesse con garbo, insomma li aiutasse a crescere.

D’altra parte quello della formazione in genere, nonostante tante dichiarazioni, rimane un nodo cruciale. Ma rimanendo al caso raccontato, quello dei giovani, perché ad esempio chi necessita di personale nella stagione estiva non si muove in anticipo incontrando i potenziali dipendenti e, una volta selezionatili, non gli offre dei corsi di formazione, spalmandoli su diversi mesi per renderli  compatibili con altri lavoretti che stanno facendo o con i tempi dello studio?

Forse si creerebbe una catena del valore in cui a vincere sarebbero tutti.