Se i 700mila italiani residenti nel Regno Unito sono, nonostante le varie rassicurazioni, giustamente preoccupati per gli effetti che avrà la Brexit, per tutti i nostri milioni di expats resta aperta una questione non certo vitale, ma pesante: non poter ottenere un mutuo in Italia. Nessun divieto, ma continua la tattica di “ostruzione” delle banche come dimostrano le mail che arrivano ancora oggi dopo la pubblicazione, nell’ottobre del 2017, del post (che allego in coda). Ecco l’ultima:
Le scrivo perché cercando sull’argomento di mutui case per residenti all’estero mi sono imbattuto nel suo articolo del 29 ottobre 2017 sul Sole 24 Ore. Non le nascondo lo scoraggiamento a riguardo, ma proprio perché lei lo ha trattato e raccontato, mi sa dire se ci sono novità a riguardo, o se è incappato in qualche fortuita eccezione? Grazie per il suo tempo. Distinti Saluti, F.
Purtroppo non ci sono novità. Il percorso resta quello raccontato (sotto trovate il post) perché non è cambiato nulla. Eppure si tratterebbe di creare ricchezza non all’estero, bensì in Italia. Basti solo pensare alla tassazione, per cui gran parte dei Comuni fa pagare l’Imu come seconda abitazione anche se non se ne possiedono altre nel paese di residenza. E che dire dell’arredamento, dei lavori di ristrutturazione ecc. Sembra strano che non si voglia trovare una soluzione, considerate ormai le mille polizze assicurative (ad esempio per perdita del lavoro) che vengono offerte, e molto “spinte”, quando si accende un mutuo. Aggiungiamo un’ulteriore chicca che riguarda non la casa, ma l’auto. La recente e giusta norma anti furbetti che circolano in Italia con mezzi con targa straniera, fregandosene del codice della strada perché le multe non le pagheranno mai, ha però un effetto collaterale negativo per chi ha sempre agito correttamente. Infatti un expat che torna in Italia con la sua auto con targa straniera, non può farla guidare a nessun residente nel nostro paese. Significa che nemmeno un fratello o un genitore può utilizzarla per un’emergenza o per qualche ora. Come dire: per colpa di qualcuno non si fa guidare più nessuno.
Questo il post sui mutui.
Immaginate di avere da anni un’ottima occupazione, ben retribuita, in una solida società e decidiate di acquistare una casa. Dopo una ricognizione sul Web, eccovi nella banca scelta con tutta la documentazione (cedolino, codice fiscale, dichiarazione dei redditi ecc.) convinti di essere ricevuti e trattati come un cliente superaffidabile. Infatti cosa potrebbe pretendere di più il funzionario? Fossero tutti i richiedenti così, passaggio liscio. Ed è in effetti tutto procede alla grande fino a quando non spiegate di essere residente all’estero.
Cosa c’è di strano? vi chiederete, perché per la legge non cambia nulla se un italiano registrato all’Aire (il registro dei nostri connazionali che vivono e lavorano in altri nazioni) decide di acquistare un immobile con un mutuo nel proprio Paese. Anzi, meriterebbe anche un bel grazie, investendo una consistente cifra nell’economia “locale” a partire dall’istituto bancario cui versare per anni una bella rata e poi spese edilizie, arredamento.
Eppure… eppure ecco mille difficoltà. Per carità, niente rifiuti ufficiali, ma quella vischiosità che fa capire come l’operazione è meglio la facciate con qualcun altro. Le motivazioni sono varie, tipo i tempi di attesa più lunghi, ma non mancano – chiamiamole così – anche spiegazioni “curiose” come “chi sta all’estero in caso di comunicazioni potrebbe non essere facilmente raggiungibile, quindi il rapporto con la banca non sarebbe immediato.” Giusto, essendo poco diffusi quegli strani strumenti che si chiamano cellulari, email ecc. sarebbe davvero un grande problema.
La verità è che questo tipo di contratto alle banche non piace. Morale, l’unico muro che potrete vedere purtroppo sarà quello tra la vostra casa dei sogni e il mutuo. A meno che, è il suggerimento che spesso viene dato agli attoniti richiedenti, non presentiate una garanzia da parte di cittadini italiani ovviamente residenti in Italia. Avete presente quella richiesta ai giovani con lavori a termine?
Ora, lo vedete un manager di 45 anni, con moglie e figli, un ottimo stipendio, dei bei risparmi, ricorrere agli anziani genitori o ad altri parenti? Totò direbbe: “Ma mi faccia il piacere” e così avviene nella gran parte dei casi. Si passa quindi alla fase due: andare, nel Paese di residenza, in una banca che ha attività anche in Italia e chiedere là il mutuo. Problema risolto, certo, ma soldi che restano all’estero oltre all’amarezza di essersi scontrati con l’ennesima palude “simil-burocratica”. Sono milioni gli italiani che vivono e lavorano in altri paesi (un bel potenziale per attirare investimenti nel settore immobiliare ancora in affanno), ma ignorati dal “cervello in fuga” di chi in Italia non si è ancora accorto che il mondo è cambiato.