Altro che il calcio, lo sport più seguito dagli italiani, almeno per quanto riguarda certe vicende giudiziarie,
pare sia il pugilato, inteso come la capacità di incassare colpi terribili e rimanere orgogliosamente in piedi a combattere. Un anno e mezzo fa avevamo raccontato l’incredibile vicenda di Ugo Varzi, residente in provincia di Catanzaro, coinvolto nel 1983 in un incidente stradale. A causa dei danni subiti il signore chiese al Tribunale un processo per risarcimento e…
Le carte sono tutte in regola, la Giustizia si mette in moto e il processo si chiude a favore dell’uomo. La sentenza di primo grado, di condanna al risarcimento danni, è del maggio 2011, purtroppo un anno dopo la morte di Ugo e a «27 anni e tre mesi» dall’inizio del processo. Uno schiaffo inaccettabile alla memoria del padre al quale i figli rispondono con un’istanza di «equa riparazione».
Passano ulteriori due anni e alla fine, l’11 settembre 2013, arriva la sentenza della Corte d’Appello di Salerno, sezione Civile, che dà piena ragione ai ricorrenti. Nel dispositivo viene riconosciuto che la ragionevole durata del processo doveva essere, tolti due anni tra varie sospensioni ecc. – in tre anni per il giudizio di primo grado. Il ritardo è quindi di «24 anni e tre mesi rispetto alla ragionevole durata del processo» e la Corte quantifica anche il risarcimento per un totale di 21.500 euro.
Bene, cioè male, perché sono passati 3 anni e 4 mesi senza che questa vergogna sia stata sanata con il versamento da parte dello Stato della cifra stabilita dal Tribunale. Ora i familiari, tramite il legale, stanno valutando un’azione esecutiva per il recupero delle somme.
Va bene essere tenaci incassatori, ma non vi sentireste anche voi umiliati?