«Con le molecole sto costruendo il mio futuro»

Cellule sintetiche, create in laboratorio ispirandosi alla natura, in grado di riconoscere e intervenire su quelle biologiche che necessitano di una “riparazione”, alimentandosi con le fonti che trovano nel corpo umano come nell’ambiente esterno. Ad esempio, capaci di creare con il metabolismo un’equipe fatta da “chirurghi” e “ingegneri” chimici e meccanici che si autoalimenta e ristabilisce l’equilibrio e la salute. Oppure materiali ecologici che rimangono funzionali grazie a queste cellule programmate a utilizzare la CO2, cioè l’anidride carbonica.

Fanta biologia? No, piuttosto un progetto concreto al quale sta puntando da tempo un giovane scienziato italiano di 34 anni, Simone Giaveri, dell’istituto Max Planck di Marburgo, in Germania, riconosciuto internazionalmente dalla rivista Science e che lo sta portando a conferenze in tutto il mondo, l’ultima in Cina dove è stato invitato a un summit internazionale come uno tra i giovani scienziati più promettenti nel campo della biologia sintetica.

Simone Giaveri è EMBO Postdoctoral Fellow  Dept. of Biochemistry & Synthetic Metabolism Max-Planck-Institute for Terrestrial Microbiology (foto MPI Marburg/Geisel)

Simone, prima di spiegare in dettaglio cosa sta facendo, dove è e come ci è arrivato?

Questo lavoro deriva da un percorso scientifico unico. È iniziato tempo fa al Politecnico di Milano, dove mi sono laureato in Ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie. Inizialmente ho contribuito allo studio dei polimeri nel Dipartimento Natta del Politecnico (chimica e materiali).

Poi la svolta al Politecnico federale di Losanna (EPFL). Esperienza straordinaria grazie al fatto che ho potuto sviluppare il mio progetto con la libertà di collegare qualunque disciplina, “scoprendo” così le potenzialità della biologia sintetica acellulare. In pratica contribuendo allo sviluppo di un modo innovativo per costruire le materie plastiche del futuro, riciclabili più volte, senza bisogno di separarle e sempre in un materiale nuovo e diverso ispirato alla natura. E nel 2021 sono “atterrato” appunto al Max Planck e al ruolo fondamentale del metabolismo.

È così importante il metabolismo?

Sappiamo che in natura gli organismi viventi si autosostengono con processi ciclici in cui genetica e metabolismo interagiscono strettamente. Quindi mi ero ripromesso la sfida di creare un sistema sintetico fuori dalle cellule viventi, programmato per autorigenerarsi grazie all’interdipendenza tra genetica e metabolismo, che si alimentasse con la CO2, quindi materia sempre disponibile. Insomma, la scienza sta cercando di capire i meccanismi della vita proprio per migliorarla. Il mio sogno ora è quello di chiudere il cerchio arrivando a materiali e sistemi utili nel campo biomedicale e nel rapporto uomo-ambiente.

Quindi sempre a Marburgo, come uno dei nostri cervelli in fuga?

Non so ancora dove andrò nei prossimi anni: di certo se ci fosse un luogo di ricerca in cui scienziati di discipline diverse possano collaborare davvero per affrontare sfide sempre più complesse, farei di tutto per esserci. E, mi creda, l’Italia ha tutte le potenzialità per esserlo.