L’head hunter: “Guai a voi se mi inviate il curriculum”

Dura la vita dei manager in cerca di una collocazione,  soprattutto quando, e accade spesso, ricevono risposte brutali da chi pensavano potessero aiutarli a trovare un nuovo ruolo. 
“Sì” – sbotta Marco Boido, Senior Partner di Transearch International, tanto per intenderci un cacciatore di teste –  ormai ho deciso di essere drastico, o brutale come dice lei, e le spiego il perché. Un po’ di tempo fa ho ricevuto la mail di un manager che si lamentava perché il suo curriculum vitae non veniva preso in debita considerazione (e sfruttava la circostanza per chiedermi un incontro).”
Non vedo dove sia il problema. Anzi.
“Glielo dimostro proprio con la mail:”
 Gentile Dott. Marco Boido,
come probabilmente ricorderà, circa 6 mesi fa, ho avviato un nuovo progetto professionale mirato a valorizzare al massimo l’esperienza fin qui maturata a beneficio dell’ultima parte della mia carriera e del datore di lavoro/committente interessato ad una eventuale seria collaborazione lavorativa con me.
 Ho molto apprezzato la rassicurazione di rito, Sua e di tanti suoi colleghi: “…il suo profilo sarà certamente preso in considerazione in occasione di ricerche compatibili …”  a seguito della quale, consapevole di dover attendere, ho fiduciosamente assunto un atteggiamento di “attiva pazienza”.
 Ad oggi, nonostante un invidiabile cv, debbo constatare la totale assenza di segnali di interesse sia da parte Sua che delle aziende da me contattate, con realismo e senso responsabilità, solo in occasione di ricerche oggettivamente in linea con il mio profilo.
………………………….omissis………………………………
In conclusione non mi resta che chiedere un Suo commento in merito alle suddette perplessità e, in definitiva, alla reale possibilità di successo di questa mia iniziativa.

 Pare estremamente legittima e corretta. Se nessuno gli fa sapere niente…

“Ok, questa la mia risposta.”

Egregio dott. … accuso ricezione della Sua mail.  Comprendo la Sua frustrazione. Mi preme tuttavia sottolineare che non è compito né mio né di miei colleghi operanti in altre società di executive search aiutare i manager a ricollocarsi (attività svolta invece dalle società di outplacement). Il nostro lavoro viene pagato da società clienti che, di volta in volta, ci chiedono di ricercare profili di manager con competenze molto specifiche e particolari. Ricevere un Cv spontaneo è sempre apprezzato, ma non incide sulla nostra attività. La nostra professionalità consiste nel trovare (con tecniche che costituiscono il nostro know-how) i profili che ci vengono richiesti. Occasionalmente questi profili possono essere già presenti nei nostri archivi, ma molto più spesso emergono da un lavoro di ricerca specifica che poco ha a che vedere con le persone che conosciamo. Mi auguro che questa precisazione possa aiutarLa nell’indirizzare la Sua ricerca. Cordiali saluti.

Quindi: non mandatemi i cv. 
“Direi che questo scambio di comunicazioni possa essere sintetizzato in una frase: il bravo head hunter non ha bisogno dei curriculum vitae che gli vengono inviati spontaneamente. In molti – infatti – mi domandano come si possa creare, stabilire e approfondire il rapporto con un cacciatore di teste. Come ho appena illustrato l’invio del proprio cv non è una strada efficace.
Sono spiacente di dover essere brutale e volgare. La risposta alla domanda è fin troppo banale: procurandogli business!”
Cioè è il manager che vi deve procurare il lavoro?
Il cacciatore di teste è un professionista che ha bisogno di alimentare continuamente la sua attività con nuovi clienti e con nuovi incarichi. E’ questo il fulcro della sua attività. 
Sarà sempre riconoscente e carico di gratitudine verso chiunque lo aiuti a mantenere la sua operatività. Soprattutto sarà sempre disponibile verso qualcuno che lo abbia favorito a “guadagnarsi il pane”.”
Perciò che strategia suggerisce?
“Il rapporto con il cacciatore di teste va sviluppato nel tempo, attraverso un progressivo approfondimento. In altre parole, se siete alla ricerca di un nuovo lavoro, è già troppo tardi. Anche perché, a quel momento, non sarete probabilmente più in grado di procurare lavoro al vostro professionista. Viceversa, se siete ancora un Direttore di funzione, avete il potere di influenzare le scelte della vostra azienda, soprattutto se una posizione da cercare rientra nella vostra area di responsabilità. Affidare un incarico di ricerca è solo un primo passo, ma è comunque estremamente significativo per aprire il canale di comunicazione.” 
E se non si occupa una posizione leader?
“Se non disponete di un potere così ampio, potete comunque favorire il vostro professionista presentandolo al vostro Amministratore Delegato o al vostro Direttore Risorse Umane, naturalmente con la dovuta circospezione e senza compromettere la vostra posizione. Si tratta di un gesto che nessun professionista dimentica facilmente. Ovviamente fate sapere al professionista quale sia stato il vostro ruolo nel generare l’incontro. 
Aprire un canale di comunicazione diretto con il cacciatore di teste è un primo passo, non un fine in se stesso. Il rapporto va alimentato attraverso ulteriori telefonate e incontri. Non fategli perdere del tempo, non chiamatelo inutilmente. Contattatelo invece ogni qual volta disponiate di informazioni sicure che gli possano permettere di acquisire un incarico. Agite per suo conto, come se foste un procacciatore d’affari.”
Verrebbe da dire un approccio da business americano di quelli più duri, che non guarda in faccia a niente e nessuno.
“Cioè se questo comportamento può essere considerato etico dal punto di vista dell’azienda? Io ritengo di sì, per quanto possa sembrare paradossale. Quando parliamo di cacciatori di teste di un certo livello, non esistono criteri quantitativi che permettano di valutarne le competenze o di confrontarne le prestazioni. Con questo non voglio dire che tutti i professionisti che appartengono ad una certa fascia siano equivalenti. Quello che li rende diversi l’uno dall’altro è la loro sensibilità culturale; una sensibilità che si traduce nella selezione di candidature non solo competenti, ma soprattutto compatibili con la cultura aziendale della società cliente. 
Il manager che sceglie di stabilire un rapporto privilegiato con un certo professionista, lo fa soprattutto sulla base della percezione di una reciproca affinità. Spesso si tratta della medesima affinità che lo lega alla propria azienda. In altre parole, quando un manager si relaziona con facilità con un certo professionista, è altamente probabile che proprio questo professionista sia la figura più adatta per interpretare e mediare la cultura aziendale nel processo di selezione.”
Però ogni organizzazione aziendale è un piccolo mondo a parte, soprattutto in Italia con tante Pmi.
“Il sistema capitalista si fonda sull’idea che la libertà lasciata agli imprenditori di perseguire i propri fini egoistici faciliti la crescita di una utilità collettiva nonché lo sviluppo di prosperità e benessere. Su scala più piccola il successo di una organizzazione si fonda, tra l’altro, sulla competizione tra individui per il raggiungimento di obiettivi innanzitutto personali e solo secondariamente collettivi. Per facilitare la comprensione di questo concetto trovo opportuno citare l’affermazione di un mio mentore: “Se un manager non è capace di difendere innanzitutto i propri interessi, come ci si può aspettare che sappia difendere con successo gli interessi dell’azienda per cui lavora?”
Ma dov’è l’equilibrio?
“Anche il manager più zelante e fedele non può cancellare se stesso. Rinunciando alla propria identità, perderebbe la capacità di contribuire efficacemente al successo della propria azienda. Un giusto equilibrio tra dedizione all’azienda e perseguimento dei propri interessi costituisce la vera risposta che un manager deve dare”.
 
 

 

  • carl |

    Meglio che non lasci il commento che mi è venuto in mente… Non ultimo perchè con ogni probabilità non sarebbe pubblicato….: o)
    Ma anche perchè in un commento di blog è impossibile abbordare seriamente il discorso (citato/sfiorato en passant dal “head hunter”protagonista del Suo pezzo odierno) che “….il perseguire i propri fini egoistici faciliti la crescita di una utilità collettiva, nonchè lo sviluppo di prosperità e benessere…”
    Manca solo l’aggiunta: “..e vissero felici e contenti nel migliore di mondi possibili e congenerali prospettive radiose….:o)”

  • giovanni |

    è con questo criterio che passi da alitalia a rai a tim e cosi via fino ad arrivare ad autostrade ed il ponte morandi.

  • arthemis |

    Se ho ben capito: fammi lavorare quando sei ancora un manager, così -forse- mi ricorderò di te quando perderai il lavoro.

    “Se un manager non è capace di difendere innanzitutto i propri interessi, come ci si può aspettare che sappia difendere con successo gli interessi dell’azienda per cui lavora?”: ci sono diversi casi in cui i primi non coincidono con i secondi, anzi… Per il nostro head hunter, quali devono prevalere?

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