“Perché ha scelto quell’Università”? La domanda, diretta e decontestualizzata, spiazza il manager impegnato nel colloquio decisivo per occupare un’importante posizione in una grande azienda. Anzi, gli verrebbe voglia di rispondere che quella scelta l’ha fatta 15 anni fa e quindi ora che importanza ha?
Ma dato che ha imparato sulla propria pelle professionale che, spesso, domande apparentemente illogiche o sono trappole o vogliono fare uscire qualcosa di diverso dell’esperienza lavorativa, ecco che spiega come mai si impegnò in quel percorso di studi…
Strategia esatta, almeno è questa la convinzione di Gabriele Ghini, managing director Transearch, cacciatore di teste per multinazionali.
“La prima cosa che cerco di capire quando esamino un cv – spiega Ghini – è il “filo rosso” tra le varie scelte compiute dal manager nel corso della sua vita professionale. L’obiettivo è di riuscire a prevedere i futuri comportamenti del manager nella nuova azienda e posizione sulla base di motivi che l’hanno spinto ad agire in un modo rispetto ad un altro nel corso delle esperienze precedenti. E per questo non è inutile soffermarsi anche sui perché delle scelte di studio universitario e successive e quanto queste siano coerenti con il percorso lavorativo”.
Sarà, ma è più facile a dirsi che a farsi. Anche perché l’invito ricorrente proprio anche da voi head hunter è quello di essere sempre pronti a cambiare e a rinnovarsi.
“Vero, ma se nel corso della vita ci può succedere di compiere scelte radicali e di cambiare drasticamente percorso, saranno sempre la nostra personalità, motivazioni ed esperienze che ci guideranno nelle scelte. Altrimenti è un colpo di testa o un esaurimento, non precisamente gli indizi migliori per affidare una posizione di responsabilità”
E quindi torniamo alla scelta dell’università. Proviamo allora a stilare cinque motivi che non porteranno a un’assunzione e cosa fare invece per ribaltare un’impostazione errata.
1) “Poi vediamo”. E così non scegli.
Intraprendere un percorso di studi senza un obiettivo preciso, per me porta al disastro. Invece, la prima cosa da fare è cercare di capire cosa si vorrebbe fare dopo l’università e sulla base di questa decisione definire un percorso di studi che prepari al ruolo.
2) Se ti piace vivere facile, perderai facile
I principi di base sono sempre gli stessi da sempre: puntare all’eccellenza, all’unicità, alla differenziazione. Il nostro profilo deve “bucare lo schermo”, risultare interessante e incuriosire fin da una prima, rapida lettura.
Università dietro casa e poco qualificata non è certamente il biglietto da visita più interessante. Facoltà facili, piani di studio banali, voti bassi, tanti anni per finire il corso di studi: poi non lamentatevi, il titolo di Dottore non basta.
3) Hai visto gli altri cosa fanno?
Leggo tanto di Millennial, di cambiamenti nei paradigmi nelle aspettative di vita, lavoro e carriera. Lavorando con top manager di una certa età molti di questi fenomeni mi sono un po’ alieni. Quando poi entro in aula per insegnare nel Master internazionale di Corporate Communication della Cattolica mi trovo di fronte giovani da tutto il mondo, agguerriti e con ambizioni simili a quelle che condividevo con i miei amici all’università ormai quarant’anni fa. Vogliono prepararsi per avere successo, sanno impegnarsi e sacrificarsi, vengono da tutto il mondo per fare un Master in Italia e in pochi mesi riescono a parlare un italiano accettabile in un’aula universitaria, non solo al bar. Sono dei risultati frutto di duro lavoro, studi e impegno. Hanno strumenti di lettura del mondo molto superiori a quelli dei nostri tempi, anche se non è facile districarsi dalla mole delle informazioni e non venirne travolti.
4) Ribassisti con la sindrome di Barcellona
Idee chiare, determinazione, senso del dovere, voglia di successo sono sempre essenziali per costruirsi un futuro interessante. Decidete cosa vorreste fare, non scegliete al ribasso – lasciate questa strategia ai trader – ma cercate di entrare nelle università migliori, fate esperienze di studi internazionali in sedi anche disagiate, ma qualificate (chissà perché la stragrande maggioranza degli studenti italiani frequental’Erasmus a Barcellona? Forse perché è una città triste, monotona e famosa per il numero di premi nobel?), cercate aziende nelle quali frequentare degli stage, approfittate di ogni opportunità per conoscere manager e farvi apprezzare.
5) Niente da fare senza tattica e strategia
Dal mio punto di vista tattico e strategico una laurea in ingegneria seguita da un master in business administration rimangono sempre il miglior avvio per una carriera in azienda o in consulenza perché uniscono un solido background matematico/razionale con una visione più allargata sul mondo degli affari. A partire da questa opzione ottimale tutte le scelte sono lecite purché rispettino i seguenti criteri di base: selettività, differenziazione, internazionalità e coerenza.