Una cosa è studiare un fatto, l’altra è ascoltare il racconto direttamente da chi lo ha vissuto.
Per alcuni anni in occasione della Giornata della memoria ho avuto l’onore di introdurre, all’Auditorium del Conservatorio di Milano, le testimonianze delle signore Liliana Segre e Goti Bauer scampate ai campi di sterminio nazisti. Il pubblico era quello dei ragazzi delle scuole. Cosa potreste aspettarvi da 600 adolescenti? Un brusio di fondo, disattenzione, noia? Ciò che invece ho visto sono stati 600 sguardi fissi su quelle anziane signore in grado di portarti, con il loro racconto, in un viaggio dell’orrore che solo noi uomini siamo in grado di creare. E ogni minuto che passava quei volti diventavo specchi dell’anima, di cuori giovani in grado di capire e di soffrire. Alla fine un lunghissimo applauso, tante lacrime e un abbraccio infinito alle sopravvissute. Per noi la consapevolezza che si continua a pensare che questi ragazzi siano apatici, non vogliano uscire dal mondo su misura dei social. No, ancora una volta dobbiamo domandarci se siamo noi a non saper usare le parole giuste, gli argomenti giusti. Perché tra le tante nostre responsabilità c’è proprio quella di non cancellare la memoria. Mai.