«Mi ha colpito molto scoprire che lei è un appassionato di tango. Non l’avrei mai detto, visto che si occupa di vendite innovative».Il manager si muove a disagio sulla poltrona: sta discutendo con il Ceo un possibile passaggio a una multinazionale e questa domanda proprio non se l’aspettava. «Adesso cosa rispondo? E, soprattutto, questo dove ha trovato l’informazione? Sicuramente non sul mio profilo Linkedin».
Già, dove avrà trovato le informazioni su quella passione non certo insana, ma gelosamente nascosta dal nostro amico? Chissà, anche se il nocciolo della questione non è poi questo. Perché qui siamo nel campo della web reputation, che assume ancora più peso quando a confrontarsi con essa sono figure di alto livello. Che piaccia o no è diventata spesso la chiave interpretativa dei curricula, delle presentazioni, dei colloqui. Una sorta di poligrafo, la macchina della verità, che al posto di misurare e registrare le reazioni a una serie di domande attraverso la pressione del sangue, il polso arterioso, la respirazione e la sudorazione, mette in evidenza tutte le tracce digitali della vita professionale e personale.
Lo sanno bene i cacciatori di teste, forse un po’ meno tanti manager. «La web reputation – spiega Gabriele Ghini, managing director di Transearch, uno dei primi network mondiali dell’executive search consultans – è diventata ormai un must per i manager che, loro malgrado, devono acquisire la consapevolezza di vivere una “casa di cristallo” nella quale non c’è più distinzione tra vita personale e vita professionale, ma tutto confluisce nel descrivere la persona e decidere circa la sua rispondenza al ruolo».
Ghini, ci aiuti dunque a costruire cinque regole d’oro.
Da dove inizia la ricerca
Con l’azienda cliente si definiscono le aziende target di ricerca e i ruoli dei manager che potrebbero avere le caratteristiche di professionalità ed esperienza necessarie per ricoprire con successo il ruolo richiesto
La valutazione di un manager
Identificati i manager, lo staff di ricerca prepara un dossier sui singoli manager scavando in Internet e preparando un dossier individuale. Il cv è ormai solo una tessera del mosaico, così come le referenze e le segnalazioni di persone che nel passato hanno lavorato con il manager. Vengono visionati tutti i social network, la partecipazione a conferenze, le presentazioni alla business community e così via. Mentre la maggior parte delle persone che ricerca informazioni su Internet si ferma alle prime due pagine di Google, i nostri ricercatori approfondiscono tutte le voci che citano il manager, anche quelle apparentemente meno rilevanti. L’allarme scatta quando trovano incoerenze tra il curriculum e quanto riportato in Internet, o comportamenti “maldestri” nella vita sociale, quando la persona frequenta personaggi di scarsa reputazione eccetera… La richiesta di un numero crescente di aziende è: voglio sapere del manager tutto quello che un giornalista d’inchiesta potrebbe scoprire.
Segnali positivi
Per fortuna, la maggior parte dei manager ha comportamenti specchiati sia nel professionale sia nel personale e una carriera costruita su impegno, professionalità, dedizione e lealtà aziendale. Ancora pochi hanno la sensibilità e la consapevolezza dell’importanza di una forte brand image perché più focalizzati sul quotidiano che sulla ricerca di lavoro, ma complessivamente la situazione è positiva.
Ricostruire la web reputation
La prima regola d’oro è di costruirsi una reputazione “forte”, che permetta di minimizzare l’impatto di eventuali incidenti di percorso. È un lavoro costante per il quale va definita e attuata una strategia a lungo termine, evitando di dover rincorrere gli eventi a posteriori. Normalmente i manager che ricerchiamo sono persone con grande visibilità e responsabilità, che intervengono a convegni, che scrivono articoli, che sono intervistati su argomenti di loro competenza. Controllare periodicamente la propria brand image e rafforzarla facendo sì che vengano pubblicati i loro interventi è un’operazione che richiede un piccolo investimento temporale, ma che porta a grandi risultati.
Errori e fallimenti
Un importante valore aggiunto che gli head hunter devono fornire alle aziende è proprio quello di presentare il manager nella sua completezza, permettendo di relativizzare e contestualizzare successi e fallimenti. Un esempio molto concreto: negli anni precedenti al 2008 l’economia correva all’impazzata e molti manager hanno ottenuto risultati “drogati”, che non si sono poi ripetuti. Riuscire a dare un peso ponderale al valore dei successi ante 2008 rispetto a quelli post 2008 è un compito che richiede conoscenza dei trend dei vari mercati e delle sfide che si sono dovute affrontare. Per fornire un altro esempio molto concreto, non è infrequente imbattersi in manager che hanno avuto problemi con la giustizia nell’espletamento del loro incarico, ma ne sono poi usciti completamente scagionati. Se uno si ferma alle prime schermate di Google rischia di trovare solo le notizie negative e non quelle che riabilitano la persona.
Certo che ormai non si può dare più nulla per scontato. Il “dna” digitale ormai è fondamentale, meglio saperlo. A proposito: ma quando un’azienda si rivolge a voi, secondo lei controlla prima la vostra web reputation? «L’immagine di un’azienda è fondamentale – sottolinea Ghini – anche noi ne siamo consapevoli e facciamo tutti gli sforzi possibili per mantenerla integra e positiva. Chiediamo ai nostri consulenti e al nostro staff di mantenere comportamenti professionali sia nel privato sia in ambito lavorativo. Gran parte dei nostri incarichi arrivano tramite il passaparola tra clienti e candidati soddisfatti, dunque, sì, la nostra web reputation è una priorità e la gestiamo come tale».